29 Marzo 22
La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 7058 del 3 marzo 2022, si è pronunciata in tema di onere della prova in capo al lavoratore, che abbia giudizialmente formulato una domanda di risarcimento dei danni alla salute, sofferti a causa di una malattia professionale.
La Suprema Corte, con la decisione in commento, ha ritenuto di dover cassare il provvedimento del Giudice d’appello, il quale aveva respinto la pretesa risarcitoria del lavoratore danneggiato a motivo del fatto che il dipendente aveva omesso di dedurre in giudizio e di provare adeguatamente le norme di sicurezza sul luogo di lavoro, violate dal datore e che avrebbero provocato la malattia professionale recante il lamentato danno.
In particolare, la Corte d’Appello riteneva che solo ove il lavoratore avesse dimostrato la specifica omissione normativa di parte datoriale, allora il datore a sua volta avrebbe dovuto provare di aver adottato le cautele necessarie a impedire che l’evento lesivo potesse verificarsi.
La Cassazione, ritenendo che siffatta argomentazione non sia rispondente ai principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio, e dunque costituisca un errore in diritto, ha invece ritenuto che il lavoratore debba fornire la prova dell’esistenza del danno alla salute lamentato (malattia professionale e/o infortunio), della nocività dell’ambiente di lavoro, oltre che del nesso di causalità tra l’uno e l’altra.
Non potendo invero gravare sul dipendente danneggiato la dimostrazione della violazione datoriale di specifiche misure di prevenzione e antinfortunistiche.
Pertanto, il lavoratore dovrà fornire la prova in tali termini e, secondo la corretta ripartizione dell’onere probatorio, spetterà al datore di lavoro dimostrare di aver attuato tutte le misure di protezione volte a scongiurare il danno.