La legge 12 aprile 2019 n. 31 riforma organicamente l’istituto della class action, mediante l’introduzione nel Libro IV c.p.c. del Titolo VIII-bis in materia, per l’appunto, di azione di classe e di azione inibitoria collettiva. La relativa disciplina – in precedenza dettata dagli abrogati artt. 139, 140 e 140-bis del Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) – viene, dunque, ricondotta nell’alveo del Codice di procedura civile, in tal modo determinando una significativa estensione del campo di applicazione dell’istituto.
Il “trasferimento” dei due procedimenti collettivi dal Codice del consumo al Codice di procedura civile rappresenta senz’altro la novità principale apportata dalla legge n. 31/2019 che afferma, così, il carattere generale – e non più settoriale – di tali rimedi.
L’entrata in vigore della riforma – originariamente prevista per il 19 aprile 2020, ossia “decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale” (art. 7 L. n. 31/2019) – è stata posticipata dall’art. 8 D.L. n. 162/2019 (c.d. Decreto Milleproroghe) al 19 novembre 2020.
Le disposizioni di cui alla legge n. 31/2019 saranno, tuttavia, applicabili alle sole condotte illecite poste in essere successivamente alla sua entrata in vigore, mentre agli illeciti commessi in precedenza continueranno ad applicarsi le disposizioni dettate dal Codice del Consumo (art. 7 L. 31/2019).
Non rivolgendosi più ai soli utenti e/o consumatori, bensì alla generalità dei consociati, la nuova azione di classe potrà essere esperita da chiunque vanti pretese di natura risarcitoria in relazione alla lesione di diritti individuali omogenei, ossia di diritti scaturenti da un medesimo fatto illecito che abbia cagionato un unico danno-evento (basti pensare agli illeciti ambientali o relativi alla sicurezza sul lavoro).
Il nuovo art. 840-bis c.p.c. prevede, infatti, che i diritti individuali omogenei – fermo il diritto all’azione individuale – possano essere tutelati anche attraverso l’istituto della class action, esperibile da ciascun componente della classe medesima, ovvero da associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti, previa iscrizione presso l’apposito elenco istituito presso il Ministero della Giustizia. Pertanto, a differenza di quanto previsto dall’art. 140-bis del Codice del Consumo, a norma del quale il giudizio doveva in ogni caso essere introdotto dal consumatore, anche i c.d. enti esponenziali potranno a pieno diritto agire in veste di ricorrenti.
Risulta altresì ampliato il novero dei possibili convenuti: invero, mentre l’art. 140-bis, comma 2 del Codice del Consumo si riferiva unicamente a imprese e produttori, il nuovo art. 840-bis, comma 2 c.p.c. sancisce espressamente che ciascuna azione “può essere esperita nei confronti di imprese ovvero di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle rispettive attività”. Ciò posto, a differenza di quanto anteriormente previsto, ove pareva dovesse escludersi l’esperibilità dell’azione di classe nei confronti delle pubbliche amministrazioni, il nuovo testo non lascia adito a dubbi circa l’ammissibilità di tali azioni nei confronti delle PA.
Con specifico riguardo all’aspetto procedurale, l’art. 840-ter c.p.c. dispone che il giudizio dovrà essere introdotto mediante ricorso – e non più atto di citazione – da proporsi “davanti alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente”.
Il procedimento sarà poi “regolato dal rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti” e sarà definito con sentenza, “resa nel termine di trenta giorni successivi alla discussione orale della causa”, senza che possa essere disposto il mutamento del rito (art. 840-ter c.p.c.).
Alla luce delle nuove disposizioni introdotte dalla riforma si possono, peraltro, individuare quattro distinte fasi nell’ambito del processo di classe:
Merita particolare attenzione la procedura di adesione all’azione di classe. La legge di riforma ha previsto per l’ordinamento italiano il sistema c.d. di opt-in, in virtù del quale ciascun membro della classe che intenda manifestare la propria volontà di essere destinatario degli effetti della sentenza ha l’onere di attivarsi in tal senso, aderendo al giudizio. La class action italiana differisce, dunque, da quella di matrice anglosassone, fondata sull’opposto meccanismo di opt-out, il quale consente l’estensione degli effetti della sentenza a tutti i soggetti appartenenti alla classe – indipendentemente da una loro specifica adesione al procedimento – con esclusione dei soli componenti che esercitino, appunto, l’opzione di opt out.
Circa i termini per aderire si rileva che, mentre ai sensi dell’art. 140-bis del Codice del Consumo l’adesione doveva necessariamente avvenire prima della pronuncia della sentenza di classe, nell’ambito della nuova disciplina l’adesione può avvenire in due distinti momenti:
I membri della classe potranno, pertanto, aderire anche dopo che la sentenza abbia accertato la fondatezza della responsabilità del convenuto, seppur necessariamente prima dell’inizio della fase di accertamento dei diritti individuali omogenei degli aderenti, nonché dell’avvio della fase di esecuzione.
Quanto alle modalità attraverso le quali i membri della classe possono aderire all’azione, la riforma ha previsto che ciò possa avvenire esclusivamente per via telematica, “mediante inserimento della relativa domanda nel fascicolo informatico, avvalendosi di un’area del portale dei servizi telematici”, restando preclusa la proposizione della domanda di adesione in qualsivoglia altra forma (art. 840-septies).
Quanto alla fase istruttoria del nuovo procedimento, la legge di riforma ha introdotto una serie di regole che risultano caratterizzate dall’intento di agevolare la prova della violazione da parte del convenuto dei diritti individuali omogenei degli appartenenti alla classe.
Nello specifico, sono previste le seguenti rilevanti misure:
L’ultima fase del processo di classe è rappresentata dall’esecuzione, finalizzata a far conseguire agli aderenti le cui domande siano state accolte la concreta ed effettiva soddisfazione del diritto individuale omogeneo riconosciuto come esistente.
L’esecuzione può avvenire con due distinte modalità, a seconda che il convenuto soccombente/debitore adempia spontaneamente o meno:
Da ultimo, si evidenza che il processo di classe può anche concludersi attraverso il raggiungimento di un accordo negoziale. In particolare, l’art. 840-quaterdecies, comma 1 consente espressamente la formulazione ad opera del giudice, “fino alla discussione orale della causa”, di proposte non soltanto transattive, ma anche conciliative, che cioè possono legittimamente non prevedere il requisito delle reciproche concessioni di cui all’art. 1965 c.c. Quanto al momento iniziale a partire dal quale il giudice può formulare detta proposta, non sussistendo un’espressa previsione in tal senso, pare doversi ritenersi che la disposizione in esame possa trovare applicazione anche nella fase di valutazione circa l’ammissibilità della domanda di classe.
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In definitiva, dunque, la nuova class action si presta ad essere ampiamente utilizzata in futuro, costituendo un efficace strumento di tutela dei diritti individuali omogenei, non solo in virtù dell’estensione dell’ambito di operatività dell’istituto, ma altresì in ragione dei vantaggi procedurali che offre rispetto alla tradizionale azione individuale.
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