La cessione di quota sociale può essere assimilata al recesso del socio dalla società?

Autore: Valentina Castelli

19 Ottobre 2022

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n.28717 del 4 ottobre 2022, ha evidenziato la differenza ontologica tra il recesso dalla società e la cessione a terzi della quota di partecipazione alla medesima.

La vicenda esaminata dalla Suprema Corte trae origine da un contratto con cui una società, allora socia della S.r.l., vendeva a terzi la propria quota di partecipazione. Il prezzo di vendita veniva calcolato sull’allora situazione patrimoniale della S.r.l.

Dopo qualche mese, la S.r.l. stipulava una transazione relativa a una lite pendente con un’altra società incassando una cospicua somma di denaro.

La cedente, venuta a conoscenza di tale circostanza, otteneva decreto ingiuntivo con cui veniva ingiunto alla S.r.l. di pagare alla ricorrente la quota della sopravvenienza attiva del patrimonio della S.r.l., non prevista nel bilancio sulla base del quale era stato calcolato il prezzo di vendita al terzo. Avverso tale decreto, la S.r.l. proponeva opposizione che veniva successivamente rigettata.

La Corte d’Appello, pronunciando la sentenza impugnata, accoglieva l’appello (incidentale) proposto dalla S.r.l. ritenendo che la cedente aveva solamente dedotto che il prezzo della cessione a terzi venne pattuito tenendo presente la situazione patrimoniale della S.r.l. al tempo della cessione e che l’incasso relativo alla menzionata transazione aveva determinato una sopravvenienza attiva nel patrimonio della società medesima con ciò determinando per la cedente un danno. La cedente, tuttavia, non forniva alcuna prova con riferimento al titolo che giustificava la richiesta né all’incidenza che tale sopravvenienza avrebbe determinato sul prezzo di cessione.

Il giudice di secondo grado, invero, evidenziava che si era in presenza di un contratto di cessione quote e non di un recesso del socio dalla società, ai sensi dell’art. 2473 c.c., determinante il diritto a ottenere la liquidazione della quota in proporzione al capitale sociale. Nella cessione quote, invero, non esiste una totale correlazione fra il valore di mercato della quota e frazione del valore del patrimonio sociale che questa rappresenta.

La Suprema Corte, rigettando i ricorsi proposti, ha confermato la non assimilabilità del recesso del socio di società a responsabilità limitata alla cessione per atto fra vivi della quota di partecipazione al capitale di tale tipo di società anche alla luce della vigente disciplina, post-riforma del 2003.

Nel caso di recesso del socio, invero, il rapporto derivante dalla manifestazione di volontà del socio di esercitare il diritto di recesso a lui attribuito dallo statuto, e in ogni caso dalla legge, è solo fra società e socio recedente anche quanto alle conseguenze patrimoniali della sua manifestazione di volontà alla società rivolta.

Nel caso di cessione per atto tra vivi della quota di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata, ai sensi dell’art. 2469 c.c., il relativo contratto, cui la società è estranea, è valido ed efficace fra le relative parti.

L’equiparazione tra recesso e cessione, pertanto, è in diritto manifestamente infondata.

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