07 Dicembre 22
La Suprema Corte, con la sentenza n. 44378 del 22 novembre 2022, chiamata a pronunciarsi in tema di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, ha avuto modo di chiarire la natura delle criptovalute, definendole come veri e propri prodotti finanziari.
I Giudici hanno richiamato la sentenza del Tribunale di Verona del 24 gennaio 2017, confermandone l’impostazione. Il Tribunale, in particolare, aveva qualificato “strumenti finanziari” alcune valute virtuali acquistate su una piattaforma di scambio, facendo propria la tesi – portata anche dal Pubblico Ministero – secondo la quale caratteristiche dell’investimento di tipo finanziario sono:
– un impiego di capitali, riconducibile generalmente al denaro o, più in generale, a un capitale proprio che può corrispondere anche a una valuta virtuale;
– una aspettativa di rendimento;
– un rischio proprio dell’attività prescelta, direttamente correlato all’impiego di capitali.
Detti caratteri erano tutti ricorrenti anche nel caso esaminato dalla Corte, nel quale gli acquirenti delle criptovalute:
– hanno investito capitali (sotto forma di bitcoin);
– con l’aspettativa di ottenere un rendimento, costituito dalla corresponsione di altre monete virtuali che avrebbero permesso la partecipazione alla piattaforma, dal valore variabile a seconda del momento dell’acquisto e che avrebbe acquistato maggior valore se il progetto relativo alla piattaforma avesse avuto successo;
– hanno assunto su di sé un rischio connesso al capitale investito.
Da ciò ne consegue, seguendo l’interpretazione data dalla Cassazione, la qualifica della valuta virtuale come prodotto finanziario che deve essere disciplinato con le norme in tema di intermediazione finanziaria (artt. 94 e ss. TUF).