15 Settembre 22
La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 26060 del 5 settembre 2022 si è pronunciata sul tema di legittimità di recesso ad nutum del socio di società a responsabilità limitata.
L’art. 2473, secondo comma, cod. civ., riconosce a ciascun socio di una società a responsabilità limitata il diritto di recedere in ogni momento qualora la società risulti contratta a tempo indeterminato, salvo preavviso.
La Corte d’Appello, pronunciando la sentenza impugnata, ha aderito all’orientamento secondo cui il diritto di recesso di cui al menzionato articolo va riconosciuto non solo quando la società è contratta a tempo indeterminato, ma anche quando lo statuto prevede un termine particolarmente lungo, come nel caso di specie in cui la durata era fissata al 2100, valorizzando il criterio relativo alla durata della vita del socio, il collegamento funzionale tra il termine di durata della società e il progetto di attività che si intende perseguire nonché l’impossibilità di ricostruire l’effettiva volontà delle parti circa l’opzione tra una durata a tempo determinato o indeterminato della società in caso di fissazione di un termine di durata oltremodo lontano nel tempo (cfr. Cass. n. 9622 del 22 aprile 2013). La previsione di una durata eccessivamente lunga si sostanzierebbe, secondo i giudici di secondo grado, nella mancata determinazione del tempo di durata della società e darebbe luogo a un effetto elusivo della norma richiamata.
La Suprema Corte, cassando con rinvio, ha richiamato – ritenendolo condivisibile – il diverso orientamento secondo cui la possibilità per il socio di recedere ad nutum sussiste solo nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato e non anche a tempo determinato, sia pure lontano nel tempo, sottolineando, in particolare, la necessità di assicurare carattere di certezza e univocità alle informazioni desumibili dalla consultazione dello statuto.
Stante la regola tendenziale della libera trasferibilità della quota, invero, il subentro nella veste di socio di un soggetto avente un’aspettativa di vita sensibilmente diversa (e più breve) rispetto al cedente potrebbe rivelarsi idoneo a introdurre una causa di recesso originariamente inesistente, con pregiudizio delle predette esigenze di certezza in ordine alla conoscibilità della sussistenza delle facoltà di recesso a disposizione dei singoli soci.
L’adesione ad un’interpretazione letterale del testo dell’art. 2473 c.c., comma 2, invero, risponde all’esigenza di tutelare l’interesse dei creditori, in relazione alla conoscenza delle cause di recesso, in quanto strumentale alla pianificazione dei rapporti con la società sulla base di informazioni accessibili, chiare e incontrovertibili.
La durata particolarmente lunga della società, pertanto, non è equiparabile alla durata a tempo indeterminato. Solo quest’ultima, dunque, giustifica il recesso ad nutum da parte del socio.