Il patto parasociale avente ad oggetto la nomina dell’amministratore e il diritto al risarcimento del danno in caso di mancata nomina

• Diritto societario

La Suprema Corte ha dapprima rammentato che il patto parasociale, in cui i soci abbiano raggiunto un accordo sulla designazione di un soggetto alla carica gestoria, ha effetto solo tra le parti, come per qualsiasi altro tipo contrattuale, ai sensi dell’art. 1372 c.c.

Affinché, al contrario, al di là del contenuto tipico del patto parasociale consistente nel concordare l’espressione del voto in una successiva assemblea deputata alla nomina dell’organo amministrativo, si produca l’effetto di vincolare i soci sindacati anche nei confronti dell’amministratore da nominare, occorre che sia stata inserita nell’accordo una pattuizione specifica costituita “dalla inequivoca volontà di attribuzione diretta al terzo di un diritto soggettivo perfetto, relativo alla manifestazione di voto in suo favore nell’assemblea deputata alla nomina della carica”. Tale diritto, fondato sul patto e non vincolante nei confronti della società, risulta così voluto dai soci stipulanti come non revocabile dopo la dichiarazione del terzo di volerne profittare, secondo lo schema tipico del contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 c.c.

Non è, invero, sufficiente per la configurabilità di un contratto a favore di terzo, che questi riceva un mero vantaggio economico  indiretto dal contratto intervenuto tra altri soggetti.

Unicamente a tali condizioni il patto parasociale può configurare un contratto a favore di terzo. Conseguentemente sorge un obbligo dei soci direttamente nei confronti dell’amministratore designando, il quale, ove ne siano accertati tutti gli elementi costitutivi, può vantare una pretesa risarcitoria al riguardo.