Il danno da deprivazione genitoriale e decorso del relativo termine di prescrizione

Autore: Lavinia Florimo

07 Aprile 2022

“Il danno da deprivazione genitoriale, derivando dal compimento di un illecito permanente, si verifica momento per momento fino al maturare di un termine fissato ed individuabile non nel raggiungimento della maggiore età, ma nel raggiungimento dell’indipendenza psicologica del figlio che per convenzione viene fatta coincidere con il conseguimento dell’indipendenza economica”.

Sulla base di questo motivo la Corte d’Appello di Bari (sentenza n. 2065/2019) dichiarava non prescritto il diritto risarcitorio azionato dalla figlia vittima di abbandono genitoriale.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 40335 in commento, conferma la citata sentenza della Corte d’Appello di Bari, specificando che “la natura della condotta illecita … ha la peculiarità di ledere la formazione della personalità del figlio e quindi incidere sull’acquisizione della capacità di percepire correttamente e reagire conseguentemente”.

Secondo la Corte, per acquisire la detta capacità di percezione è necessario “che la vittima dell’abbandono si svincoli dall’incidenza percettiva e comportamentale del notorio istintivo desiderio filiale di un rapporto positivo con il genitore, per raggiungere una maturità personale” che la renda “capace di percepire la reale situazione a sé pregiudizievole e di assumere reattive decisioni di contrasto con la persona desiderata”.

In conclusione, la Suprema Corte afferma che la peculiare natura del danno in parola “incide sul dies a quo prescrizionale” e, specificamente, che “il parametro della tradizionale “ordinaria diligenza” … si concretizza nella capacità di percepirne (in senso pieno, cioè includente la effettiva possibilità di esercitare il correlato diritto) la conseguenza dannosa di un soggetto “ordinario””.

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