Se, un tempo, i violenti eventi temporaleschi erano senz’altro considerati imprevedibili, oggi non è più così, trattandosi di fenomeni che si verificano con sempre più elevata frequenza e regolarità.
È sulla scorta di questa preliminare considerazione che la Corte di Cassazione, con la sent. n. 8466/2020, tornando ad esprimersi sulla responsabilità del custode, nega che l’eccezionale intensità dei temporali possa essere idonea ad integrare un’ipotesi di caso fortuito laddove, nei fatti, venga riscontrata una corresponsabilità del custode. Questi, precisa la Corte, per andare esente da responsabilità è tenuto a provare di aver adottato la condotta diligente richiesta dal caso concreto e che le piogge siano state talmente intense da cagionare, ciononostante, i danni.
𝗜𝗹 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼.
La causa decisa dalla Suprema Corte con la citata sentenza era stata avviata da un’azienda che, avendo subito dei danni derivati dall’allagamento – causato da un violento temporale e alla conseguente esondazione di un sottopasso – di due locali condotti in locazione, ne domandava il risarcimento, tra l’altro, all’ente comunale, che, a sua difesa, eccepiva l’esimente del caso fortuito.
Ebbene, la Cassazione, ponendo l’accento sulla possibilità di imputare una responsabilità ex. art. 2051 c.c. anche in capo alla P.A. e affermando il principio di diritto sopra riportato, rilevato il mancato accertamento da parte del giudice di appello circa l’esistenza e corretta manutenzione di un sistema comunale di deflusso delle acque, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d’Appello.
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