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Danno da perdita parentale e famiglia nucleare. È necessaria la prova della effettività e consistenza della relazione, al di là della convivenza.

Danno da perdita parentale e famiglia nucleare. È necessaria la prova della effettività e consistenza della relazione, al di là della convivenza.

28 Ottobre 22

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22397 del 15.07.2022 si è espressa in materia di prova del danno da perdita parentale e della non necessarietà, a questo fine, del rapporto di convivenza.

La medesima è stata chiamata a decidere un ricorso proposto avverso una sentenza della Corte d’appello di Roma con cui veniva affermato che “in considerazione della grande lontananza e della mancanza di convivenza tra la vittima e gli attori”, fratelli del de cuius, “non possono presumersi rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà tra i fratelli e il familiare defunto” e di conseguenza rigettata la domanda risarcitoria dagli stessi formulata.

Con l’impugnazione viene contestata la violazione dell’art. 2727 c.c., per esser stato dato rilievo alla lontananza come causa escludente il danno da sofferenza per la morte del fratello.

La Suprema Corte riconosce la fondatezza del ricorso rilevando che la corte capitolina ha commesso un errore là dove “ha escluso automaticamente la rilevanza del nesso parentale fra fratelli ai fini del diritto al risarcimento del danno da sofferenza in ragione della sola lontananza spaziale dal de cuius”.

Questa – confermando il proprio orientamento ormai consolidato – evidenzia, infatti, che “la prova del danno non patrimoniale da sofferenza interiore per la perdita del familiare può essere fornita mediante presunzione fondata sull’esistenza dello stretto legame di parentela riconducibile all’interno della famiglia nucleare, superabile dalla prova contraria, gravante sul danneggiante, imperniata non sulla mera mancanza di convivenza (che, in tali casi, può rilevare al solo fine di ridurre il risarcimento rispetto a quello spettante secondo gli ordinari criteri di liquidazione), bensì sull’assenza di legame affettivo tra i superstiti e la vittima nonostante il rapporto di parentela.”

E ancora, richiamando un proprio precedente, afferma che “in tema di danno non patrimoniale risarcibile derivante da morte causata da un illecito, il pregiudizio risarcibile conseguente alla perdita del rapporto parentale che spetta “iure proprio” ai prossimi congiunti riguarda la lesione della relazione che legava i parenti al defunto e, ove sia provata l’effettività e la consistenza di tale relazione, la mancanza del rapporto di convivenza non è rilevante, non costituendo il connotato minimo ed indispensabile per il riconoscimento del danno”.

La S.C., pertanto, conclude ribadendo che il problema che si pone è quello della effettività e consistenza della relazione al di là della convivenza.

A parere della stessa, la mera lontananza geografica fra fratelli non sembra apprezzabile come idonea a dimostrare la mancanza di effettività della relazione ed anzi, evidenzia come “nei tempi attuali, una volta che si consideri che i mezzi di comunicazione odierni consentono di mantenere vivi rapporti familiari anche se a distanza considerevole attraverso le varie tecniche di trasmissione e della voce e delle immagini, il detto ragionamento appare privo di giustificazione inferenziale”.

La sentenza impugnata veniva quindi cassata e rinviata alla corte territoriale in diversa composizione.

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