Il mantenimento del figlio maggiorenne: dovere del genitore e criterio di indipendenza economica

Autore: Irene Maggi

11 Maggio 2021

I. La crisi del rapporto familiare impone sempre più, tra le problematiche emergenti e talvolta di maggior difficile soluzione, la valutazione di un mantenimento economico per il figlio maggiorenne.

Tematica densa di criticità e dibattuta da tempo, la determinazione del contributo mensile da versare in favore della prole è spesso fonte di attriti tra i genitori, che intendano separarsi legalmente o sciogliersi definitivamente dal vincolo coniugale, ovvero nell’ambito dei procedimenti giudiziali relativi al figlio nato fuori del matrimonio.

E le criticità aumentano, quando il figlio abbia ormai raggiunto la maggior età e, con essa, non abbia maturato anche un’indipendenza economica.

II. Noto è il principio giuridico, che innanzitutto è espressione di un dovere morale e sociale, del diritto al figlio ad essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, i quali sono tenuti ad adempiere i loro doveri verso la prole in proporzione alle rispettive sostanze ed alle capacità di lavoro professionale e casalingo.

Così individuato il riferimento normativo, nella concreta attuazione del dettato legislativo era emersa la problematica se l’obbligo ad erogare, ed il diritto a ricevere, il mantenimento potesse cessare con il compimento della maggiore età del figlio.

In assenza di una specifica norma sul tema, la questione era demandata al dibattito dottrinale ed all’interpretazione giurisprudenziale.

Con l’entrata in vigore della riforma della filiazione del 2013, il Legislatore, mostrando interesse per il peculiare tema del mantenimento del figlio maggiorenne, ha introdotto nel testo del Codice Civile l’articolo 337 septies, il quale stabilisce che «il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico».

La norma citata ha dunque affermato la prosecuzione dell’obbligo al mantenimento anche quando la prole abbia raggiunto la maggiore età, subordinando la cessazione del dovere di contribuzione economica alla nozione di autosufficienza economica, ossia ad un’autonomia economica che consenta al figlio di poter provvedere da sé ai propri bisogni personali.

III. Se dunque il diritto al mantenimento economico non risulta incompatibile né è automaticamente escluso dal mero compimento della maggiore età, l’art. 337 septies c.c. impone al Giudicante, al fine della decisione sul merito della contribuzione, di valutare le concrete circostanze del caso posto alla sua attenzione.

L’applicazione dell’inciso normativo, nella quotidiana attività giudiziaria, è stata accompagnata dall’insorgere di ulteriori problematiche, connesse precisamente all’individuazione del tempo necessario perché possa dirsi che il figlio abbia effettivamente maturato un’indipendenza economica ed alla prova di tale fatto, in sede processuale.

Nelle aule dei Tribunali, frequentemente si assiste a diatribe sulle iniziative poste in essere dal figlio maggiorenne per raggiungere l’autosufficienza economica, in relazione al percorso di studio intrapreso ovvero all’attiva ricerca di un’occupazione lavorativa stabile, conseguendone per l’appunto la prosecuzione in capo al genitore dell’obbligo di mantenimento ovvero la sua cessazione.

Non deve dimenticarsi che, nell’intento del Legislatore, il contributo economico al mantenimento del figlio si connota per avere funzione educativa in bilanciamento con il principio di auto-responsabilità, al fine di scongiurare che l’assegno periodico assuma socialmente le vesti di una forma di assistenzialismo incondizionato e sine die.

Sicché, il permanere dell’obbligo di mantenimento in capo al genitore non può prescindere da un’analisi di relatività delle circostanze che, nel caso concreto, avrebbero potuto consentire al figlio maggiorenne di acquisire un’autosufficienza economica.

Si è dunque ormai radicato un approccio interpretativo, tale per cui l’accertamento della raggiunta indipendenza economica da parte del figlio, legittimante la revoca dell’assegno di mantenimento a carico del genitore, sia condotto con riguardo all’età raggiunta, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno profuso nell’attività di ricerca di un’occupazione lavorativa, nonché al complessivo comportamento personale tenuto dall’interessato.

Solamente la presenza di peculiari situazioni individuali di minoranza o debolezza delle capacità personali, ovvero la prosecuzione degli studi con diligenza, l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla fine degli studi e la mancanza di una qualsiasi occupazione lavorativa, pur dopo l’effettuazione dei possibili tentativi di ricerca, possono essere classificate tra le evenienze, che giustificano la mancata autosufficienza economica e l’insorgere, o la prosecuzione, della contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne.

IV. Definiti i contorni dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, su quale soggetto grava, in sede processuale, l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti che ne legittimano ovvero ne escludono l’erogazione?

Negli anni, si era consolidato un orientamento interpretativo secondo il quale la prova dell’indipendenza economica del figlio maggiorenne incombesse sullo stesso genitore obbligato al mantenimento.

Appare evidente come detto onero probatorio, talvolta, poteva essere particolarmente ostico e difficilmente superabile (quasi al punto di una probatio diabolica), in ragione della probabile conflittualità nel rapporto tra genitore e figlio, facilmente sfociabile nell’allentamento od addirittura nell’interruzione del legame e delle comunicazioni personali.

Il genitore che, in tal modo, era di fatto escluso dalla vita del figlio ed estraneo agli accadimenti che lo riguardavano, si vedeva quindi costretto a dover dimostrare circostanze di cui poteva non avere notizie (quali la fine degli studi, la ricerca attiva di lavoro, l’avvio di un’occupazione lavorativa), a sostegno della domanda giudiziale di revoca del contributo al mantenimento.

Recentemente, con l’ordinanza n. 17183 del 14 agosto 2020, la Corte di Cassazione, I sez. civile, ha mutato orientamento affermando che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne debba incombere sul soggetto richiedente, e non sul genitore che ne dovrebbe essere obbligato.

Sicchè, la citata decisione dei Giudici di Legittimità vuole che sia il figlio maggiorenne a dimostrare non solo il mancato raggiungimento di un’indipendenza economica, ma anche di aver conseguito diligentemente una preparazione professionale o tecnica e di aver esperito ogni possibile tentativo, per reperire un’occupazione lavorativa.

La Suprema Corte, con una pronuncia assai articolata, per la prima volta si discosta dal precedente orientamento pressoché univoco, affermando che “non è il convenuto – soggetto passivo del rapporto – onerato della prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive”.

Dovendosi riferire come questa interpretazione, ad oggi, rappresenti una posizione minoritaria e non consolidata, non può sfuggire che tale approccio ermeneutico pare indubbiamente più corretto e rispondente al principio di vicinanza della prova, essendo invero di comune esperienza le difficoltà riscontrabili dal genitore onerato di provare il mutamento delle condizioni economiche del figlio, non sempre dimostrabili in forma diretta.

V. In conclusione, il tema dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne è tutt’oggi di stretta attualità giuridica, e di esso si discute tra gli interpreti del diritto anche per la valenza educativa di detta contribuzione economica e la stretta correlazione con le circostanze storiche e sociali, che inevitabilmente influenzano l’approccio al mondo del lavoro ed il perseguimento delle personali aspirazioni professionali.

L’intervento della Corte di Cassazione, con l’ordinanza poc’anzi menzionata, dimostra la costante attenzione della giurisprudenza all’argomento in esame e segna, altresì, un importante passo verso una maggior rilevanza del principio di auto-responsabilità del figlio maggiorenne, come dimostrato anche dall’affermazione dell’inversione dell’onere della prova.

 

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