La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 21970 del 13 luglio 2021, ha affrontato la questione attinente agli effetti della fusione per incorporazione sulla società incorporata.
Come noto, invero, l’attuale disciplina di cui all’art. 2504 bis del codice civile non consente di definire quale sia la natura giuridica della fusione societaria e, conseguentemente, quali siano gli effetti che questa operazione comporta sulla società che viene incorporata.
Il quesito affrontato dalla sentenza in commento, in particolare, è se la fusione per incorporazione determini l’estinzione della società originaria come soggetto dell’ordinamento giuridico oppure si manifesti come semplice fenomeno evolutivo-modificativo della medesima.
I. L’evoluzione normativa della fusione nel codice civile
Nell’originaria formulazione del codice civile del 1942, l’art. 2502, comma 4, prevedeva che “la società incorporante o quella che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle società estinte”. Tale disposizione, mediante l’espresso riferimento alle “società estinte” riconosceva, dunque, la fusione per incorporazione come un fenomeno di successione a titolo universale, in virtù del quale si determina l’estinzione della società incorporata.
Successivamente, l’art. 13 del d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 introduceva l’art. 2504-bis, comma 1, secondo il quale “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte”, così mantenendo l’orientamento delineato nel 1942 in merito all’estinzione delle società originarie.
La disciplina in questione veniva da ultimo modificata con la riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003. L’art. 2504-bis, comma 1, rubricato “Effetti della fusione”, nel testo vigente, prevede che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.
Appare evidente come il mancato richiamo alle “società estinte”, abbia reso controversa la questione della natura giuridica della fusione.
La sostituzione del riferimento alle società estinte con le società partecipanti alla fusione, del resto, non può considerarsi come una presa di posizione da parte del legislatore.
Sulla formulazione letterale della predetta norma, pertanto, si sono inevitabilmente sviluppate due opposte correnti giurisprudenziali volte a determinare quali siano gli effetti che la fusione produce sulla società originaria o incorporata, in assenza di una chiara ed inequivoca disposizione legislativa.
II. Gli orientamenti della giurisprudenza
Poco dopo l’entrata in vigore della richiamata riforma del diritto societario, infatti, le Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 2637 del 8 febbraio 2006, hanno affermato la tesi della natura evolutivo-modificativa della fusione.
Nell’ordinanza, in particolare, le Sezioni Unite evidenziano come la fusione per incorporazione tra società non determina l’estinzione della società incorporata, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico che conserva la propria identità.
Detta pronuncia è stata seguita da plurime decisioni le quali, ribadendo il carattere evolutivo-modificativo della fusione, hanno escluso l’effetto successorio ed estintivo (cfr. Cass. sent. n. 18188 del 16 settembre 2016; Cass. sent. 19698 del 17 settembre 2010).
Alla luce di tale orientamento, è stato dunque affermato il potere di impugnazione della società incorporata nonché la sua legittimazione attiva e passiva in sede processuale.
Al contrario, una serie di decisioni si sono gradualmente distaccate da tale orientamento sostenendo la tesi dell’estinzione con effetto devolutivo-successorio. La Cassazione, con sentenze anche piuttosto recenti, ha affermato, invero, che la legittimazione attiva e passiva, anche in sede di impugnazione, spetta alla sola società incorporante e non all’incorporata estinta per incorporazione che deve ritenersi soggetto non più esistente a seguito della fusione. La società incorporante, pertanto, subentrerebbe in tutti i rapporti preesistenti anche processuali “all’evidente fine di evitare irragionevoli interruzioni del giudizio, contrarie, peraltro, ai principi del giusto processo” (cfr. Cass. sent. n. 9137 del 19 maggio 2020; Cass. sent. n. 5640 del 2 marzo 2020).
A fronte di tali contrapposti orientamenti, pertanto, si è reso necessario un ulteriore intervento della Suprema Corte al fine di rendere uniforme l’interpretazione della norma che occupa.
III. L’intervento delle Sezioni Unite
La Corte di Cassazione a Sezionu Unite, dunque, è intervenuta sul tema e ha ricostruito il sistema positivo mediante i criteri ermeneutici imposti dall’art. 12 delle preleggi e dalla disciplina complessiva della fusione, tenendo in considerazione anche le direttive comunitarie.
La Corte, in particolare, ha anzitutto evidenziato come la tesi della natura evolutiva-modificativa, è da ritenersi in contrasto con lo stesso dettato letterale dell’art. 2504-bis c.c. Se è vero, infatti, che l’articolo non fa alcun esplicito riferimento alla estinzione, è altrettanto vero che il medesimo stabilisce che “tutti i rapporti”, sia sostanziali sia processuali, proseguono in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione. Detto ragionamento è da ritenersi coerente, invero, con le varie forme di successione disciplinate nel codice di procedura civile. L’art. 110 c.p.c. prevede, in particolare, che il processo prosegue nei confronti del successore universale e presuppone, pertanto, l’estinzione della parte originaria del processo.
Ulteriore elemento a sostegno della tesi dell’estinzione della società originaria è la soluzione sancita dall’art. 2495, comma 2, c.c. in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese. La società, una volta cancellata dal registro delle imprese, si estingue definitivamente. È, dunque, evidente come per la fusione non si possa pretendere un effetto contrario quanto alla società incorporata o fusa che pur abbia provveduto alla cancellazione dal registro delle imprese.
Nel medesimo senso si rinvengono spunti anche in tema di procedimento di fusione.
L’art. 2504, comma 3, c.c. dispone che il “deposito relativo alla società risultante dalla fusione o di quella incorporante non può precedere quelli relativi alle altre società partecipanti alla fusione”. Ciò conferma come il soggetto “nuovo” non possa convivere con la perdurante personalità giuridica e autonoma soggettività delle società incorporate, le quali devono, quindi, estinguersi.
“L’interpretazione sistematica secondo il diritto comunitario ed eurounitario conduce a risultati ancora più univoci”, afferma la Corte di Cassazione nella menzionata pronuncia.
La disciplina delle fusioni, invero, è stata oggetto di numerosi studi e interventi anche da parte del legislatore europeo sin dagli anni sessanta. A partire dal 2005, in particolare, il legislatore comunitario ha emanato la direttiva 2005/56/CE recante la disciplina delle fusioni transfrontaliere tra società di capitali, sostituita, successivamente, dalla direttiva 2017/1132, che riprende integralmente la disciplina esposta nel 2005. Gli art. 105, 109 e 131 continuano, infatti, a prevedere che la società incorporata e/o le società che partecipano alla fusione si estinguono.
IV. Considerazioni finali
Alla luce di quanto esposto, la sentenza in commento ha affermato il principio di diritto per cui “la fusione per incorporazione estingue la società incorporata”.
Ciò comporta, inevitabilmente, conseguenze anche dal punto di vista processuale. La società incorporata, estinguendosi come soggetto dell’ordinamento giuridico, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, perde la propria legittimazione processuale attiva e passiva. La prosecuzione dei rapporti giuridici nella società incorporante, dunque, determina la legittimazione attiva della medesima ad agire e proseguire nonché a difendersi, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata.
Occorre pertanto concludere che dal momento dell’iscrizione della cancellazione della società incorporata nel registro delle imprese questa si estingue come soggetto dell’ordinamento giuridico e del mercato e tutti i rapporti, anche processuali, vengono proseguiti dalla società incorporante.
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