La Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema con la recentissima ordinanza n. 25286 del 24 agosto 2022, giungendo ad affermare l’illegittimità del licenziamento stante la mancanza di proporzionalità tra il comportamento attuato dal lavoratore e la sanzione espulsiva.
Il caso riguarda un lavoratore, che aveva comunicato l’assenza dal luogo di lavoro per malattia semplicemente inviando un SMS a un collega, il quale ne avrebbe dovuto dare notizia alla direzione aziendale.
Il lavoratore, così comunicata la propria assenza, non si preoccupava di verificare che effettivamente la direzione fosse stata messa al corrente del suo stato di malattia.
Solamente in un secondo momento, a distanza di alcuni giorni, il lavoratore trasmetteva idonea documentazione medica giustificativa dell’assenza.
Il lavoratore impugnava il licenziamento irrogatogli dal datore di lavoro e il Giudice di merito, all’esito del procedimento d’appello, respingeva il gravame proposto dall’azienda datrice di lavoro osservando che la condotta del lavoratore, per quanto indubbiamente superficiale, non avrebbe avuto gli estremi di gravità tali da giustificare il recesso datoriale per mezzo del licenziamento.
Parte datoriale, infatti, sosteneva che, nel rispetto del CCNL applicabile, la tardiva (e non rituale) comunicazione dell’assenza avrebbe dovuto essere equiparata al caso di assenza ingiustificata, conseguendone per l’appunto il licenziamento del prestatore di lavoro.
A livello probatorio, tuttavia, nei primi due gradi di giudizio era emerso che le omissioni e la non tempestività delle comunicazioni erano ascrivibili a disservizi del sistema informatico dell’Inps, confermati anche dal medico curante che aveva dovuto emettere la certificazione sanitaria in forma cartacea non riuscendo a comunicarla telematicamente.
La Suprema Corte, attenendosi alle risultanze processuali dei precedenti gradi di giudizio e alla valutazione di (non) proporzionalità della sanzione espulsiva ivi espressa, ha dunque confermato l’inammissibilità del licenziamento, argomentando che il Giudice di merito può sempre valutare l’adeguatezza del provvedimento disciplinare adottato dal datore, tenuto conto di ogni concreto aspetto della vicenda esaminata, con giudizio che – se adeguatamente e logicamente motivato – non è censurabile in sede di Cassazione.
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